frase adorno

Educare dopo Auschwitz significa non accettare la più piccola manifestazione del razzismo né la più piccola discriminazione, significa non contemplare il passato ma interrogarlo alla luce del presente. T.Adorno

ebrei a Saluzzo




Le tracce del ricordo a Saluzzo

Verso la fine del 1938 risiedevano a Saluzzo 45 ebrei. La piccola comunità aveva alle spalle una storia molto antica già risalente al 1480, era una delle più numerose di tutta la provincia ed era stata caratterizzata nell'ultimo secolo da una forte partecipazione alla vita sociale e politica della città. Gli ebrei di questa comunità erano da sempre risieduti nell'odierna via Deportati ebrei, in passato via degli Israeliti o chiassetto Venezia, dove si trovava il ghetto prima provvisorio del 1724 e poi quello definitivo chiamato “nuovo ghetto” del 1795.
A testimoniare la presenza e la vitalità della comunità ebraica in quella zona della città rimane la sinagoga,ampliata nel 1832 e ancora oggi ricca di preziosi arredi del Settecento e Ottocento. La comunità venne emancipata nel 1848 dallo Statuto Albertino, con il quale  vennero  riconosciuti agli ebrei saluzzesi diritti e libertà di espressione e partecipazione, favorendo inoltre una maggiore integrazione col resto della comunità, alla quale erano legati per rapporti di lavoro, amicizia, affinità di interessi e di vicinato.
Ai primi del Novecento il gruppo ebraico saluzzese aveva subito una riduzione drastica a causa dell'intensa migrazione verso i centri maggiori. Con le leggi razziali fasciste firmate nel 1938 da Vittorio Emanuele III, gli ebrei italiani vennero ricacciati nell'isolamento, nella discriminazione, ai margini della vita sociale e civile, prima con la perdita del lavoro,del diritto di studio,della libertà di circolazione e poi con la segregazione,la deportazione e lo sterminio.
Per la comunità saluzzese il colpo mortale arrivò proprio quando 29 ebrei (ovvero i due terzi della comunità) furono deportati e trucidati. Il bilancio delle vittime fu dunque, per la città di Saluzzo, altissimo anche per il fatto che la comunità piemontese fu, in percentuale, quella maggiormente falcidiata dalla violenza sterminatrice nazifascista, dal momento che solo uno dei suoi membri sopravvisse.
Per far sì che il tempo non cancellasse il ricordo di ciò che era accaduto, nel 2008 è partito un progetto importante, che ha visto coinvolti, su proposta dell’associazione “Giorgio Biandrata” di Saluzzo, il locale Istituto Statale d'Arte “A. Bertoni”(oggi parte integrante della nostra scuola) e l’Amministrazione comunale. L’intento era quello di  recuperare la memoria della Comunità Ebraica, rivisitare i luoghi di nascita e le abitazioni degli ebrei di Saluzzo, attraverso un percorso che partendo da un’attenta  documentazione storica si proponeva di realizzare una “pietra dell'inciampo”, capace di costringere i passanti a ricordare. Si è trattato concretamente di una targhetta in metallo da collocare presso le porte delle abitazioni degli ebrei saluzzesi, che lasci impresso nella mente di ognuno lo sconvolgimento della ragione e della coscienza umana che portò l'evoluta civiltà europea a macchiarsi di uno dei più nefasti crimini contro l'umanità. Gli ebrei vivevano a Saluzzo immersi nel tessuto cittadino di una comunità che non ha saputo (o non ha voluto) prendersi cura di loro. Un monito affinché questo non si ripeta oggi con altri che rischiano di vivere come “invisibili” il dramma della loro esclusione.
Il progetto prende spunto da un'esperienza significativa realizzata in Germania chiamata ''Stolpersteine'', ideata dal professore Gunter Demning, che ha visto le prime pietre collocate a Colonia nel 1995.

Lunedì 26 gennaio 2009, giornata della memoria, il progetto ha visto la sua realizzazione: a Saluzzo una fiaccolata cittadina molto sentita, nonostante la pioggia e il grande freddo, ha visto la consegna ufficiale alla città delle ''tracce del ricordo'', insieme a  una bacheca a forma di candelabro a sette braccia che riporta brevemente la storia della comunità ebraica di Saluzzo e i nomi dei suoi componenti.
Bacheca a sette braccia collocata all’ingresso di quello che fu il ghetto di Saluzzo

Il progetto si è così concluso con la collocazione di 21 targhette in ottone presso l’ingresso delle abitazioni degli ebrei con sopra scritto il nome, l'età e il campo di concentramento di Auschwitz dove vennero internati e uccisi.
La collocazione delle targhette è la seguente:
·      
  • Via Bodoni, n.1 dove vivevano Anna Segre Levi, Aldo Levi, Beniamina Levi e Felice Levi.
  • Via Spielberg, n.11 dove vivevano Marco Levi,Gemma Colombo Levi,Eleonora Levi,Regina Levi e Elia Levi.
  • Via Spielberg, n.27 dove vivevano Pia Levi, Amelia Levi, Lelio Levi, Adele Segre e Annetta Levi
  • Piazza Risorgimento, n. 46 dove vivevano Marco Moise Segre e Emanuele Sionne Segre
  • Piazza Risorgimento, n.41 dove vivevano Moise Segre e Emma Segre
  • Via Martiri della Liberazione, n. 46 dove vivevano Carmen Segre Lattes e Decima Lattes
  • Piazza Garibaldi,n. 5 dove viveva Lea Diena

Ecco le foto delle tracce del ricordo a Saluzzo: 

Via Bodoni,1 : qui abitavano Aldo Levi, Beniamina Levi, Anna Segre Levi
e Felice Levi, uccisi ad Auschwitz perché ebrei


via Spielberg,11: qui abitavano Marco Levi,Gemma Colombo Levi,Eleonora Levi
Regina Levi e Elia Levi, uccisi ad Auschwitz perché ebrei.

Via Spielberg,27:  qui abitavano Adele Segre, Pia Levi, Lelio Levi, Annetta Levi
e Amelia Levi, uccisi ad Auschwitz perché ebrei.



Piazza Risorgimento,46: qui abitavano Marco Moise Segre e Emanuele Sion (o Sionne) Segre
uccisi ad Auschwitz perché ebrei.


Piazza Risorgimento,41: qui abitavano Moise Segre e Emma Segre uccisi ad Auschwitz perché ebrei.
Via Martiri della Liberazione,46: qui abitavano Carmen Segre Lattes e Decima Lattes
uccisi ad Auschwitz perché ebrei.
Piazza Garibaldi,5: qui abitava Lea Diena uccisa ad Auschwitz perché ebrea.



Federica Pajrone

DAL TAPPARELLI, A BORGO, AD AUSCHWITZ
Dei 45 ebrei risiedenti a Saluzzo negli anni della seconda guerra mondiale (1939-1945), 3 si trovavano nella casa di riposo “Tapparelli”, situata vicino al centro dell’omonima città. In un primo momento riuscirono ad evitare la cattura. Infatti nel 1943 Hiltler aveva ordinato l’arresto di tutti gli ebrei di età inferiore ai 70 anni, ma queste tre persone avevano ormai superato l’età indicata e quindi ebbero la possibilità di passare ancora qualche momento “al sicuro”.
·         Marco Levi: era in padre di Elia Levi, deportanto anche lui ad Auschwitz(foto 1). Marco, detto il “tramviere” in seguito alla sua precedente professione presso la Compagnia Tramways, era sposato con Gemma Levi. La loro famiglia si denunciò in quanto ebrea in modo spontaneo (come molte altre famiglie del resto) il 19 gennaio 1939. Il signor Levi nel 1914 aveva capeggiato l’imponente sciopero dei lavoratori delle tramvie. In gioventù la sua famiglia lo considerava una vera e propria testa calda. ALL’Età di 58 anni è membro del Partito Socialista, che  un rapporto di polizia  segnala come “focolaio del sovversivismo nei dintorni di Saluzzo”. Il 1 aprile 1943 viene ricoverato all’ospedale di Saluzzo.

·         Moise David Segre, figlio di Rachele Lattes e Giuseppe Segre, nasce nel 1866. Al momento della deportazione ha 78 anni. Sposato con Emma Segre, insieme hanno due figli, Vittorio e Giuseppe. Il primo è un dentista, mentre il secondo un odontotecnico. Vittorio a sua volta avrà poi due figli, Giulio e Giuseppe Segre, l’odierno presidente della comunità ebraica a Torino. Il 5 dicembre Moise si trasferisce alla casa di cura Tapparelli, vicino a Saluzzo. Qui continua a discutere e protestare con il suo barbiere per l’aumento dei prezzi delle saponette che, come sempre, trova intollerabile. Sfugge al primo mandato di arresto delle SS nei confronti degli ebrei, che riguarda infatti inizialmente solo le persone di età inferiore ai 70 anni. Successivamente però le SS ritornano con l’elenco completo degli ebrei presenti nel Saluzzese e con il compito di prelevare tutti coloro in grado di camminare, tra cui anche l’omonimo Moise Segre. Prima viene portato nelle carceri di Torino (stessa sorte della moglie e di Marco Levi) e poi trasferito al campo di internamento di Borgo San Dalmazzo.


Moise Segre

·         Emma Segre, figlia di Isacco Segre e Vittoria Lattes. Nata nel 1874, sposata con Moise Segre. Come il marito anche lei si trovava al Tapparelli di Saluzzo, dove conduceva una semplice vita da pensionata, circondata dall’amore dei suoi famigliari. Da qui verrà internata a Borgo san Dalmazzo, successivamente a Fossoli e infine a Auschwitz. Poco prima di lasciare il campo di Borgo san Dalmazzo scrive una lettera, in cui esprime i sentimenti e la situazione che insieme a tanti altri sta vivendo in quel luogo,angosciata per un oscuro presagio che si accampa all’orizzonte.
Carissima e buona Luciana, un gran conforto avrei avuto a vedervi, avere notizie di tutte le persone a me care. Noi stiamo bene in salute, ma il morale è molto depresso, l’ambiente non è certo atto a rialzarlo. Qui si parla con insinstenza di una prossima partenza …






Emma Segre
Emanuele Sion Segre, figlio di Franchino Segre e Michela Segre è nato in Italia a Saluzzo il 29 febbraio 1880.
Arrestato a Saluzzo (Cuneo). Deportato nel campo di sterminio di Auschwitz.
Non è sopravvissuto alla Shoah.


IL CAMPO D’INTERNAMENTO DI BORGO SAN DALMAZZO

Il campo di Borgo venne istituito il 18 settembre 1943 per ospitare inizialmente gli ebrei provenienti dalla città francese di Saint Martin Vésubie. Successivamente ospitò anche altri ebrei provenienti dal Piemonte. Non venivano effettuate esecuzioni ed era prevalentemente  un campo di raccolta, dove i prigionieri attendevano la partenza per un vero e proprio konzentrazionlager.Tuttavia, come scrive A. Muncinelli in “Even” quella pace apparente è “l’anticamera di Fossoli, è il primo gradino per Auschwitz, è, nell’essenza, Auschwitz e insieme un segnale di quell’incredibile normalità che circonda e accompagne le tragedie più atroci”, “è l’anello indispensabile di quella catena che, a partire dall’ideologia nazifascista, arriva fino alla soluzione finale dei konzentrazionlager”.
 Di tutti i deportati dal campo di Borgo san Dalmazzo (foto 2),solamente 2 faranno ritorno. Il 15 febbraio 1944 i detenuti vengono spostati a Fossoli (dove si trovava Primo Levi, che ne seguirà il destino) e da lì vengono trasferiti ad Auschwitz. Stipati in 50 per vagone su un treno merci (sul convoglio erano presenti anche  349 prigionieri francesi), sono  costretti a vivere in condizioni disumane per tutto il viaggio, tanto che alcuni di loro morirono, ma quello non era che l’inizio.
Avevo sempre considerato la mia origine come un fatto trascurabile ma curioso, una piccola anomalia allegra, come chi abbia il naso storto o le lentiggini. Improvvisamente, nel 1938, quella piccola anomalia diventa una differenza che sconvolge la vita. Primo Levi



Borgo 2010
Entrata dell'ex caserma degli alpini a Borgo San Dalmazzo

PICCOLA PARENTESI SUL CAMPO DI AUSCHWITZ ( der Konzentrazionlager von Auschwitz)
 Una volta arrivati i prigionieri venivano marchiati con il tipico tatuaggio (foto 3) che indicava un numero (tentativo da parte del regime nazista di privare queste persone della loro identità; d’ora in poi vengono considerati semplicemente degli “Stück” ovvero “pezzi”). Molti dei nuovi arrivati non superano la selezione iniziale (a causa di malattie, vecchiaia o perché bambini): vengono così immediatamente mandati alla camere a gas e ai forni crematori; coloro che riescono a superare questa prima selezione vengono fatti vestire con le tipiche divise a righe, vengono tagliati loro i capelli per cercare ancora una volta di privarli non solo dell’identità, ma anche della loro dignità in quanto persone (foto 4). In questo campo vengono obbligati a lavori estenuanti, con ogni condizione climatica e fisica, i pasti sono scarsi sia in quantità sia in valore nutritivo, tanto che dopo poco tempo sembra che il campo sia abitato da fantasmi scheletrici, che si trascinano con le poche forze rimaste.
Il campo verrà liberato il 27 gennaio 1945 dai sovietici e da alcuni anni quella è diventata la data simbolo della Shoah.

                                                                                               
                                                        
AUSCHWITZ,NON UN SIMBOLO MA UNA VERA E CONCRETA REALTA'

Dalla metà del XX secolo con il termine Olocausto  si indica  il genocidio compiuto dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli ebrei d'Europa; il fenomeno viene definito anche  Shoah, termine ebraico che significa distruzione.
 L' uso del termine Olocausto viene esteso anche a tutte quelle persone ritenute "indesiderabili" dal governo nazista, come oppositori politici, omosessuali, prigionieri  di guerra sovietici, popolazioni rom.
Lo sterminio della popolazione ebraica avvenne nei campi di concentramento, strutture predisposte all' eliminazione fisica dei profughi. I campi di sterminio principali sono Auschwitz, Mauthausen-Gusen, Buchenwald, dove sono stati uccisi circa 2 milioni di ebrei.
Il campo di concentramento di Auschwitz, quello di sterminio di Birkenau e quello di lavoro di  Monowitz  formavano il complesso concentrazionario situato nelle vicinanze di Auschwitz (Oswiecim) in Polonia, dove i nazisti fra il 1940 e il 1945 sterminarono un milione e cento mila persone, di cui un milione di ebrei. Nel 1979 Auschwitz venne dichiarato patrimonio dell'umanità dall' UNESCO ed è visitabile dal pubblico.
E' sbagliato considerare  Auschwitz un luogo sacro, un simbolo, perché esso è reale e  terribilmente concreto. Tutto quello che è avvenuto al suo interno  è stata una tremenda verità fatta di carne e sangue.
Il simbolo dell' Olocausto è la scritta " Arbeit macht frei" ovvero "il lavoro rende liberi", collocata sul cancello di Auschwitz . Questa frase tratta dal titolo di un romanzo del 1872 di Lorenz Diefenbach fu posta all' entrata di numerosi campi di sterminio per la volontà di Rudolf Hoss responsabile del campo di Auschwitz. La scritta fu realizzata da un prigioniero polacco, Jan Liwacz, il quale sopravvisse e alla fine della guerra reclamò invano la restituzione della sua opera.
Nel 2009 questa scritta, considerata patrimonio culturale, fu rubata. Gli autori del furto non sono neonazisti, ma delinquenti comuni, che agirono su commissione di un collezionista. Infatti dopo poche giorni il pannello in ferro battuto fu ritrovato all' interno dell' abitazione di uno dei ladri.
Il furto della scritta è stato definito,dal direttore del museo dell' Olocausto di Gerusalemme, " un crimine contro la memoria".


                                                                                                              


Francesca Rubiolo

           "Com'è bella Saluzzo dove tutti vogliono bene agli ebrei"
La storia della comunità ebraica saluzzese è già stata oggetto di uno studio approfondito da parte dei ragazzi di due classi terze del corso Linguistico del nostro Istituto nell'anno scolastico 2009/2010. Questi video sono stati realizzati allora e hanno il titolo Com'è bella Saluzzo dove tutti vogliono bene agli ebrei, espressione drammaticamente fiduciosa di un bambino venuto con i genitori in quella comunità alle soglie della persecuzione. Essi rappresentano le tappe salienti del lavoro di ricostruzione storica delle biografie degli ebrei saluzzesi deportati, unitamente alla personale interpretazione delle storie di ciascuno, proposta in chiave creativa dagli allievi stessi. Non a caso, alcuni dei testimoni e degli esperti che ci hanno aiutato nel lavoro che ha portato alla costruzione del blog "Un cuore vigile" di quest'anno erano già presenti in quell'occasione, guidando con affetto e competenza, allora come oggi, le diverse fasi del nostro lavoro.
Piera Comba e Mariacristina Colonna






Saluzzo - Tracce della memoria
Mercoledì 13 novembre, la professoressa Adriana Muncinelli, ricercatrice presso l’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo, ha tenuto nel nostro Istituto una lezione  mirata in particolare alla conoscenza della storia degli ebrei di Saluzzo, un argomento a cui si dedica da anni, realizzando una delle opere più significative sul tema, dal titolo Even, pietruzza della memoria. (ED. Gruppo Abele 1994).


Alla fine del 1938, a Saluzzo risiedevano 45 ebrei, una delle comunità piemontesi più grandi, seguita da Cuneo. Essi, dopo il 1848, avevano cominciato a abitare anche fuori dell’antico ghetto e si erano sempre più integrati e legati ai concittadini non ebrei con cui intrattenevano rapporti di lavoro, di interessi e spesso di vicinato. 
Nonostante ciò, all’inizio del 1936, la situazione comincia a mutare, perché il fascismo, dopo la guerra d’Etiopia, inaugura la politica razziale, così nel biennio 1936-38 parte  sui giornali una campagna di articoli contro gli ebrei. Nel 1938 arrivano i provvedimenti contro coloro che sono accusati di inquinare la purezza della razza italiana. Infatti molti sono convinti che essi siano stati perseguitati per la loro religione, ma in realtà vero  motivo fu la terra d’origine: la Palestina. In questo anno iniziano, così, i primi censimenti per riconoscere le persone “impure” e capire quante sono e dove si trovano. Vengono redatte molte liste e coloro che vi ritrovavano il loro nome erano considerati ebrei, anche se in realtà questo non era vero. L’arrivo delle leggi razziali nel mese di novembre del ’38 compromette definitivamente questa situazione di pacifica convivenza in Italia. Il primo diritto del quale gli ebrei vengono privati è quello dell’istruzione, ma questo è seguito dal quello del lavoro, della proprietà e infine della libertà. 

Sulla realtà di Saluzzo le ricadute sono importanti e sono state così ricostruite dalla prof. Muncinelli:
05/09/1938: gli ebrei sono esclusi dall’insegnamento di ogni ordine e grado (il professore Ugo Levi e la professoressa Laura Sacerdote vengono licenziati) e gli alunni di razza ebraica non possono più frequentare le scuole pubbliche (Dionigia Segre, Lelio, Isacco, Amelia Levi);                                                       
07/09/1938: viene revocata la cittadinanza italiana agli ebrei stranieri che l’hanno ottenuta dopo l’1-1-1919 e essi vengono espulsi;
Articoli del novembre 1938:
Vengono vietati i matrimoni tra ebrei e cristiani;
I cittadini italiani di razza ebraica non possono prestare servizio militare in pace o in guerra, essere proprietari di terreni vasti, essere gestori di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone o addirittura essere proprietari di fabbricati urbani che abbiano un imponibile superiore a L. 20000 (Marco Moise Segre a Saluzzo viene licenziato);
I cittadini italiani di razza ariana non possono avere alle loro dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica: la Amministrazioni civili e militari dello Stato (a Saluzzo viene congedato Elia Levi), le Amministrazioni delle aziende municipalizzate (a Saluzzo viene licenziata Maria Segre);
29/06/1939: sono vietate agli ebrei tutte le libere professioni, se non rivolte solo a clientela ebraica (a Saluzzo: l’avvocato Benvenuto Lattes e il dottor Giuseppe Segre);
10/01/1940: non vengono rinnovate le licenze per il commercio al minuto ai commercianti ebrei (a Saluzzo: Marco Levi, Olga e Passidea Colombo, Stella Levi);
14/11/1943: Carta di Verona: gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante la seconda guerra mondiale appartengono ai nemici;
30/11/1943: tutti gli ebrei residenti sul territorio nazionale devono essere inviati in appositi campi di concentramento e tutti i loro beni devono essere sottoposti ad un immediato sequestro. 
Di fronte a questa progressiva privazione dei diritti nessuno reagisce pubblicamente.
Nel 1942, in Italia vi è un’enorme ondata di immigrazione di ebrei che cercano di fuggire ai bombardamenti, da aggiungersi ai numerosi profughi provenienti dall’Est. Purtroppo l’8 settembre 1943 arriva e la situazione precipita notevolmente. Molti in privato offrono aiuto e nascondigli per salvare la vita in pericolo degli ebrei, la Chiesa locale si muove, ma per alcuni è già troppo tardi.
Alla fine del ’43, Hitler, che aveva invaso l’Italia, ordina l’arresto di tutti gli ebrei al di sotto dei 70 anni. Vengono arrestate ben 29 persone di Saluzzo (Anna, Aldo, Eleonora, Regina e Elia Levi; Adele, Moise ed Emma Segre; Carmen, Anna e Decima Lattes; Annetta Levi, Marco Moise Segre, Emanuele Sionne Segre, Natalia e Bice Tedeschi, Celestina Sacerdote, Lea Diena, Cesare e Angiolina Valobra, Guglielmo, Giuseppina e Franco Valabrega) e nel febbraio del ’44 vengono deportate a Auschwitz. Solo Natalia Tedeschi sopravviverà e insieme a lei Isacco Levi, che era riuscito a fuggire poco prima dell’inizio della persecuzione. Successivamente anche i più anziani sono stati raccolti dalle loro case o dal ricovero del Tapparelli, proprio a indicare l’intenzione di Hitler di fare una PULIZIA ETNICA. 
Qui sotto sono riportati i nomi degli ebrei presenti a Saluzzo prima della persecuzione e successivamente coloro che sono stati deportati e uccisi.
GLI EBREI A SALUZZO NEL 1938:
UNA MINORANZA DI DIVERSI?



Enrico Bassani, impiegato
via Torino 35

Olga Colombo,commerciante
Passidea Colombo, commerciante
via Gualtieri 24

Maria Bice Colombo, domestica
corso Umberto (oggi corso Piemonte) 56
Anna Segre ved.Debenedetti, pensionata
Piazza Vittorio Emanuele, (oggi Piazza Risorgimento) n. 44

Ortensia Diena, pensionata
Piazza Garibaldi 5

Israele Benvenuto Lattes, avvocato
Carmen Segre Lattes, casalinga
Giulio Lattes, studente
Mario Lattes, studente
Decima Lattes, casalinga
via Savigliano (oggi via Martiri della Liberazione) 46

Annetta Levi, cucitrice e balia
via Spielberg 27

Anna Segre ved. Levi, casalinga
Aldo Levi, invalido
Beniamina Levi, casalinga
via Bodoni 1

Eleonora Debenedetti ved. Levi, casalinga
Stella Levi, commerciante
Graziadio Levi, commesso
via Chiassetto Venezia (via dei deportati ebrei) 10

Marco Levi, commerciante
Pia Levi, commerciante
Isacco Levi, studente
Lelio Levi, studente
Amelia Levi, studentessa
via Spielberg 27
Marco Levi, ferroviere pensionato
Gemma Colombo Levi, casalinga
Regina Levi, sarta
Eleonora Levi, sarta
Elia Levi, guardia di finanza
via Spielberg 11
Silvio Levi, insegnante privato
Elisa Levi, impiegata
via Spielberg 11
Ugo Levi, insegnante
Bianca Vanara Levi, casalinga
via Piave 3
Laura Sacerdote Perrini, insegnante
via Piave 32
Adele Segre, benestante
via Spielberg 27
Emanuele Sion Segre, benestante
Piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazza
Risorgimento) 46
Giuseppe Segre,medico dentista
via Spielberg 179

Maria Segre, impiegata
Dionigia Segre, studentessa
via Silvio Pellico 6
Moise Segre, ragioniere, pensionato
Emma Segre, casalinga
piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazza
Risorgimento) 41
Raffaellina Treves Segre, pensionata
Manuela Segre, casalinga
Luciana Segre, casalinga
via Maghelona 20
Vittorio Segre, odontotecnico
Giulio Segre, bambino
via Savigliano 30
(oggi via Martiri della liberazione)
TRA FEBBRAIO E APRILE 1944, DEPORTATI E UCCISI
Anna Segre Levi
anni 74Auschwitz
Aldo Levi anni 39 Auschwitz
Beniamina Levi anni 32Auschwitz
Pia Levi Levianni 45Auschwitz
Amelia Levianni 17Auschwitz
Lelio Levianni 23Auschwitz
Felice Levianni 75Auschwitz
Marco Levianni 73Auschwitz
Gemma Colombo Levianni 65Auschwitz
Eleonora Levianni 31 Auschwitz
Regina Levi anni 34Auschwitz
Elia Levianni 32Auschwitz
Adele Segreanni 58Auschwitz
Moise David Segreanni 78 Auschwitz
Emma Segre Segreanni 70Auschwitz
Carmen Segre Lattesanni 50Auschwitz
Anna Lattes Segreanni 64Auschwitz
Decima Lattesanni 57Auschwitz
Annetta Levi anni 56 Auschwitz
Marco Moise Segreanni 66Auschwitz
Emanuele Sion Segre anni 64Auschwitz
Bice SacerdoteTedeschianni 51Auschwitz
Celestina Muggia Sacerdoteanni 74Auschwitz
Lea Dienaanni 66Auschwitz
Cesare Valobraanni 76Auschwitz
Angiolina Lattes Valobra anni 69Auschwitz
Gugliemo Valabrega anni 56 Auschwitz
Giuseppina Foa Valabregaanni 57Auschwitz
Franco Valabregaanni 20Buchenwald
Lucia Barale


RIFLESSIONE:


Il fatto che Saluzzo sia stata, in un certo senso,patria di molte persone appartenenti alla
popolazione ebraica è sinonimo di grande solidarietà e amicizia da parte di questa cittadina 
nei confronti di essa per lungo tempo nella sua storia. La conoscenza e la riflessione 
sui fatti tragici degli anni Trenta e Quaranta che hanno annientato questa comunità, 
ci hanno permesso però di ristabilire almeno in parte questo rapporto, che viene riannodato
annualmente nella Sinagoga di Saluzzo in occasione del Giorno della Memoria.
Tutto ciò non può che renderci consapevoli del fatto che il passato 
non si può cancellare, ma sicuramente si può ricordare e far diventare un modo grazie
 l quale si possa creare una nuova vicinanza tra noi e le popolazioni che vivono con noi.

Barra Jessica e Parrà Beatrice


"Ogni ricordo è il presente"

Un’ installazione, una struttura da inserire alla Residenza Emanuele Tapparelli d’Azeglio di Saluzzo.
Questo è il progetto che è stato affidato a noi alunni della classe 3DB del Liceo Artistico “Soleri-
Bertoni”, con l’aiuto dell’artista Piero Bolla, che in una lezione ci ha fornito idee e consigli su 
come creare il progetto per il quale è stato scelto come titolo un verso di Novalis 
“Ogni ricordo è il presente”.


Incontro con l'artista Bolla


Sarà un'installazione particolare, che richiamerà il tema della deportazione: noi ragazzi
 parteciperemo al progetto, creando prima un’ idea e più tardi la realizzazione nei 
Laboratori di legno e metalli.
Questo è un esempio di un possibile progetto, ancora da elaborare, realizzato dalla classe 3DB 
con la Professoressa Clema.


progetto installazione







L’inaugurazione avverrà nella primavera del 2014 e coinciderà con l’anniversario della
deportazione dal Tapparelli degli anziani Ebrei che vi avevano trovato un rifugio, che si rivelò
 poco sicuro davanti alla furia nazista: Emma e Moise Segre, Marco Levi.

Alessandro Roasio e Lorenzo Allemano

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